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Tomari-Te

Karate and Culture
Approfondiamo non solo il Tomari-te rispetto alle tradizioni dello
Shuri-te e del Naha-te, ma anche del suo profondo apporto alla formazione
delle scuole Shorin-ryu, Shorei-ryu e stili moderni da essi discendenti.
articolo di Massimo Braglia


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Premessa storica
Verso la metà dell’800, in Okinawa, negli anni immediatamente precedenti all’avvento del governo Meiji e alla nascita di Gichin Funakoshi (entrambi nel 1868) accaddero fatti senza precedenti.
Mentre in Italia e Germania andava creandosi l’unità nazionale, nel Giappone centrale, il gabinetto imperiale iniziò a trasformare il paese, da retrivo e feudale, a potenza mondiale di prim’ordine.
Fu nel 1871 che le antiche 300 province governate da kuge, daimyo e loro sottoposti vennero organizzate nelle attuali 47 prefetture.
Fu nel 1879 che quella di Okinawa – la più lontana di queste prefetture – iniziò ad essere finalmente organizzata. Questo fatto avvenne conseguentemente alla deposizione di Sho Tai (1843-1901), l’ultimo sovrano dell’arcipelago delle Ryukyu, il quale venne esiliato a Tokyo e visse i suoi ultimi anni col titolo di marchese (kazoku).
Decretata ufficialmente la fine del regno delle Ryukyu, in questo periodo denso di forti sconvolgimenti socio-politici, l’anziano Sokon Matsumura (1809-1901), i bushi coevi ed i rispettivi discepoli osservavano attoniti la morte di un’epoca di guerrieri contemporaneamente all’inizio della coscrizione obbligatoria, all’apertura della prima scuola pubblica ed ulteriori innovazioni.
Dal 1901 poi, in seguito all’introduzione del tode – il nome dell’antico karate – nelle scuole della prefettura di Okinawa, l’arte marziale a mano nuda delle Ryukyu iniziò ad essere divulgata anche presso le ultime classi sociali e quindi a trasformarsi in qualcosa di realizzabile da tutti, a vantaggio della salute popolare e dei venti nazional-imperialistici che soffiavano con veemenza sulla fiamma della pericolosa politica militarista dell’epoca.  


Nascita dei termini Shuri-te, Tomari-te e Naha-te.
Prima che l’attuale nome karate (lett. Mano vuota) divenisse di uso comune nel Giappone centrale come in Okinawa – ciò avvenne ufficialmente il 25 ottobre 1936 – il termine utilizzato già dalla fine del ‘700 presso i nobili residenti sull’isola era il già citato tode (Mano cinese).
Storicamente, occorre ricordare che il tode nacque da un coacervo di arti marziali cinesi importate in Okinawa, l’antico regno delle Ryukyu ma, nei primi anni del governo Meiji, questo piccolo stato vassallo della Cina era stato assorbito dall’impero giapponese e quindi trasformato nell’omonima prefettura.
Fu nella sua capitale Naha che, nel gennaio 1927, in occasione di un’importante dimostrazione di arti marziali organizzata per la visita del prof. Jigoro Kano, membro della Camera dei Pari, politico coinvolto nelle attività educative imperiali e fondatore del judo, vennero coniati tre nuovi termini: Shuri-te, Tomari-te e Naha-te, divenuti rapidamente di uso comune.
La scelta di aggiungere il nome di tre vicine località situate nella zona meridionale di Okinawa quali Shuri, Tomari e Naha al termine te (mano, intesa come tecnica) nacque dalla necessità di assegnare una provenienza diversa alle tradizioni di combattimento riferite a tre noti maestri dell’epoca che, fino a quel momento, avevano identificato la Cina come l’origine delle rispettive pratiche.
I nomi di questi tre esperti sono ben noti a tutti: Kenwa Mabuni (1889-1952), Chotoku Kyan (1870-1945) e Chojun Miyagi (1888-1953). Rispettivamente, il futuro fondatore dello Shito-ryu era considerato un esperto di Shuri-te, il fondatore postumo dello Shorinji-ryu un campione di Tomari-te e  il futuro fondatore del Goju-ryu un veterano del Naha-te.
Come affermato sopra, occorre sottolineare che questo fatto accadde nel periodo fra le due grandi guerre, un’epoca in cui il clima politico giapponese era caratterizzato da un forte nazionalismo, sentimento anti-cinese e potente fermento militarista, motivo per cui i burocrati non avrebbero facilmente accettato una disciplina, il cui nome era associato ad una nazione – la Cina – che esattamente dieci anni dopo sarebbe stata nuovamente attaccata e conquistata dal giovane ma potente impero nipponico. A questo proposito, occorre rammentare che la prima guerra sino-giapponese iniziata nell’estate del 1894 si era conclusa nell’aprile del 1895 col trattato di Shimonoseki.

Tomari-te, una tradizione di persone umili
Nel 1938, l’anno successivo all’inizio della Guerra nel Pacifico (1937-1945), ogni gruppo di karate presente nel Giappone centrale venne invitato a registrare le rispettive scuole presso la Dai Nippon Butoku Kai (DNBK o Società delle virtù marziali del grande Giappone). Questo fatto avvenne contemporaneamente all’assegnazione di un titolo onorifico concesso da questa società fortemente voluta ed organizzata dalla famiglia imperiale nei confronti dei singoli caposcuola, in seguito riconosciuti come fondatori dei moderni stili di karate.
Fra i maggiori esperti dell’epoca, Chojun Miyagi fu il primo insegnante dell’arte marziale a mano nuda di Okinawa che, nel 1934, riuscì ad ottenere il titolo di kyoshi. Hironori Otsuka (1892-1982), il fondatore del Wado-ryu, ottenne l’inferiore qualifica di renshi nel 1938, infine Gichin Funakoshi (1868-1957) e Kenwa Mabuni ottennero lo stesso titolo nel 1939.  
Mentre un gran numero di esperti che si rifacevano allo Shuri-te e al Naha-te andavano registrando le loro scuole presso la DNBK, quelli appartenenti al Tomari-te non risultano nella lista ufficiale di questi 33 esperti (la lista completa è presente a pag. 161 del mio libro “Il sistema stilistico Shotokan”).
In realtà, tecniche, alcuni kata e principi fondamentali di quest’ultima tradizione di combattimento apparentemente svilita, scomparsa e dimenticata vennero assorbiti in modo frazionato da quasi tutte le altre scuole di karate. In particolar modo, i maggiori  beneficiari del Tomari-te furono proprio i sistemi stilistici degli attuali stili Shotokan, Shotokai, Shito-ryu, Wado-ryu, Shorin-ryu, Goju-ryu,  Ryuei-ryu ecc.
Ma come mai, se questa affermazione è vera, la tradizione marziale di Tomari venne sottovalutata fino alla quasi totale sparizione e dimenticata anche ad Okinawa?
Per rispondere a questa importante domanda, occorre innanzitutto ricordare che la città fortificata di Shuri, oltre ad essere la sede del sovrano, ospitava al suo interno e negli immediati dintorni l’abitazione delle maggiori casate nobiliari, mentre il villaggio murato di Kume che coincideva col centro della città di Naha costituiva la residenza dei discendenti delle famose 36 famiglie cinesi che fra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo iniziarono a colonizzare il regno delle Ryukyu, mischiandosi progressivamente con la popolazione locale.
A differenza dei nobili di Shuri e Naha, quelli residenti nel villaggio di Tomari erano considerati guerrieri feudali (pechin) di basso rango e conseguentemente erano fra i meno abbienti. Forse, proprio per questo motivo, risultavano prossimi alla popolazione locale, sebbene continuassero a distinguersi da essa per il grado di istruzione e la conoscenza delle arti marziali.
Circa le consuetudini di questi ultimi, la tradizione riporta che: “anche gli storpi apprendono le arti marziali a Tomari” in riferimento all’atteggiamento comprensivo e democratico attuato dai pechin di questa comunità nei confronti della popolazione che viveva nelle terre loro affidate. Questo fatto è confermato anche da Soshin Nagamine, il fondatore dello stile Matsubayashi, il quale riportò nei suoi scritti che  Kokan Oyadomari, Kosaku Matsumora e Gikei Yamada costituirono fra loro una lega per difendere i più poveri ed emarginati, entrando nell’onore delle cronache come i “Tre grandi di Tomari”. Questo fatto avvenne durante il regno di Sho Tai (1848-1879), l’ultimo sovrano delle Ryukyu.



Tre generazioni di esperti
Dai tempi della mia formazione scolastica, ricordo ancora nitidamente un’affermazione della mia insegnante secondo la quale, nei “Promessi sposi” di Alessandro Manzoni, si evince che l’atteggiamento dell’autore verso i più umili era teso ad alzarli al suo personale livello, mentre da “I Malavoglia” di Giovanni Verga, l’attitudine di quest’ultimo era più simile all’abbassarsi allo stesso livello dei suoi personaggi.
Ho scelto di usare questa critica letteraria per spiegare l’esatta differenza fra la maggior parte dei tardi pechin di Shuri e Naha rispetto a quelli residenti a Tomari: più simili nel comportamento del Manzoni i primi ed a quello del Verga gli ultimi.
Non a caso, riprendendo quanto ho affermato nel paragrafo precedente circa la tradizione combattiva di Tomari citata come “svilita, scomparsa e dimenticata”, da questo punto in poi cercherò di spiegare i motivi per i quali si è giunti a queste pesanti attribuzioni ed ai motivi che le hanno generate.
Cominciando dalle testimonianze riferite alla tradizione orale, si ritiene che le prime tecniche di combattimento siano state insegnate alla popolazione del villaggio portuale di Tomari nella seconda metà del ‘700 mediante i nobili Yara Rido uekata (Wuliang Lìdao, 1725-1816), responsabile della scuderia reale nella zona di Chatan e Shungo Teruya satunushi pechin (1733-1815), probabilmente il nonno dell’autentico Tode Sakugawa (Kanga Teruya, 1786-1867). Siccome dalla sua famiglia dipendeva l’amministrazione dell’arcipelago Yaeyama, grazie ai servigi resi al sovrano, egli aveva ottenuto in dono l’isola di Nakagusumagiri Sakugawa appartenente a questo comprensorio, motivo per cui cambiò il suo cognome da Teruya a Sakugawa.
Circa la formazione del nobile stabilitosi a Chatan, il ricercatore Richard Kim affermò che, ancora adolescente, il nobile Yara apprese la boxe Shàolín, poi iniziò lo studio dello Xing-yi quan, del Qi-gong ed infine dell’arte di percuotere i punti vitali seguendo l’insegnamento del maestro Wong Chung-yo. Grazie alle sue origini cinesi, nel 1756 conobbe in Okinawa il generale Yuan Fang noto come Kosokun/Kusanku e lo seguì in Cina per alcuni anni. Dopo aver appreso l’arte marziale dell’ufficiale cinese, Yara si stabilì definitivamente ad Okinawa, trasmettendola ai suoi eredi e ad alcuni cittadini di Tomari.
Riguardo ai membri della famiglia Teruya-Sakugawa, sappiamo che appresero l’arte marziale di Yuan Fang insieme ad elementi di altri sistemi che sperimentarono nel corso dei loro viaggi fra Fuzhou e Pechino, quindi le trasmisero sia nella città fortificata Shuri che nel povero villaggio di Tomari.
Quindi, l’eredità di Yara e Sakugawa donata a pochi membri della comunità di Tomari venne continuata nella prima metà dell’800 grazie a Giko Uku chikudun pechin (c.a 1800-1850) e Kishin Teruya chikudun pechin (1804-1864), due grandi amici entrambi residenti nell’omonimo villaggio.
Il maestro Uku era ricordato come uno specialista nella forma Naihanchi (gli odierni Tekki di Funakoshi) e si ritiene che l’apprese dal sergente cinese A Zhao (alias Ason) nel corso della missione diplomatica giunta ad Okinawa nel 1838, per riconoscere l’incoronazione del penultimo sovrano delle Ryukyu Sho Iku (1835-1847) in accordo con l’impero cinese.
Kishin Teruya fu con molte probabilità allievo di Tode Sakugawa – dal quale tramandò i kata Passai e Kosokun/Kusanku/Kanku – e del sergente Wang Shiu, anch’esso giunto insieme ad A Zhao nel corso della stessa missione diplomatica del 1838, dal quale proviene l’omonimo kata Wanshu rinominato Enpi nello Shotokan.
A loro volta, il precettore Uku e il più esperto Teruya trasmisero le rispettive forme ed applicazioni a diversi giovani residenti nell’area di Tomari: Kochiku Matsumora (1814-1884), Gicho Maeda (1826-1890), Bokunin Nakasato (1827-1897), Kokan Oyadomari (1827-1905), Kosaku Matsumora (1829-1898), Gikei Yamada (1835-1905), Kame Toguchi (1835-1903), Bokuhitsu Nakasato (1835-1902), Ginin Maeda (1840-1921), Gusukuma/Shiroma, Kanagusuku, Yamasato e Iha.

Un documento fondamentale
Le persone appena descritte furono i diretti testimoni di un evento senza precedenti. Infatti, il grande catalizzatore della tradizione di Tomari e la conseguente rivoluzione delle tradizioni di Shuri e Naha si devono all’eredità lasciata da Lao Leong, la persona ricordata da Gichin Funakoshi come il “naufrago di Anan”, da altri con epiteti come “Channan” o “Chinto” oppure come un marinaio o un pirata. Queste sono le parole del fondatore dello Shotokan:
“…Un cinese del Fujian proveniente da Ahnan che era naufragato a Okinawa insegnò Chintō (il kata Gangaku) a Gusukuma ed a Kanagusuku di Tomari. Lo stesso cinese del Fujian insegnò anche Chinte a Matsumora e ad Oyadomari, mentre Yamazato apprese Ji’in ed a Nakazato insegnò Jitte. Siccome egli era così ansioso di ritornare a casa in Cina, l’insegnante di Ahnan insegnò vari kata a diversa gente”.
Funakoshi G.
Anzitutto occorre chiarire che Anan (siccome la prima “A” possiede un accento tonico e risulta  come aspirata, è più corretto scriverla come Ahnan) era un sobborgo di Fuzhou, la capitale della provincia cinese del Fujian. Da un punto di vista storico e geografico, il porto di questa antica metropoli era l’unico attracco cinese consentito all’attività mercantile rivolta verso le popolazioni straniere, perciò importantissimo per Okinawa già dalla fine del XIV secolo.
L’esperienza della scuola cinese parzialmente confluita nella tradizione guerriera di Okinawa riferita all’insegnamento del monaco taoista Lao Leong – “Tomari-te di Ahnan” o “Ahnan Tomari-te” – afferma inoltre che proprio nell’area di Ahnan si trovava il dojo di Fuzhou chiamato “Ryu Ru Ko”, erroneamente attribuito dagli okinawensi al capo-istruttore di questo locale distrutto durante l’ultimo conflitto bellico.
Di tutti i cinesi che insegnarono le arti marziali nel regno delle Ryukyu, Leong fu quello che soggiornò e vi insegnò più a lungo, per l’intera durata del suo pellegrinaggio.
Come ricorda la tradizione, il giovane Leong giunse verso la metà dell’800 nel villaggio dei pescatori di Tomari e trovò rifugio in una grotta – ora famosa col nome di Furuherin, ovvero “vecchia caverna” – sulle colline che ospitano l’odierno cimitero monumentale.

Dopo un certo periodo, venne accolto dai nobili di Tomari ai quali, in cambio di cibo ed assistenza, insegnò loro la propria arte. Come ogni artista marziale, era determinato ad insegnare ciò che sapeva, perciò Leong, essendo di fede taoista, prese anche il percorso di minor resistenza. Egli modificò la sua arte in modo tale da farla risultare più simile ai duri stili esterni a cui gli Okinawensi erano abituati.
Venerato come abile insegnante, i suoi principali allievi furono Kosaku Matsumora, Kokan Oyadomari e Gikei Yamada, per questo ricordati come i “Tre grandi di Tomari”.
Terminati i sette anni di pellegrinaggio ad Okinawa concordati col suo insegnante, durante il quale dovette vivere ed addestrarsi da solo come parte della sua maturazione nelle arti marziali, Leong tornò ad Ahnan nel Fujian.
In vari modi, Lao Leong rimase in contatto con alcuni suoi studenti di Okinawa che, col passare del tempo, insegnarono ciò che avevano appreso ai propri allievi.
Insegnanti ed allievi
Prima di iniziare la singolare avventura che lo portò a diventare il principale pioniere del karate nel Giappone centrale e conseguente fondatore della scuola Shotokan, Gichin Funakoshi si distinse come abile educatore e grande storico del tode.
Infatti, a lui ed alla sua attività di scrittore dobbiamo le più importanti rivelazioni circa i nomi dei principali artisti marziali nati ad Okinawa oltre ai nomi degli esperti cinesi che soggiornarono su quest’isola posta sulla dorsale nel Mar cinese orientale che separa il Kyushu da Taiwan.
Circa questi insegnanti che nel corso del XIX secolo trasmisero parte delle loro conoscenze marziali, Funakoshi – nel suo già citato articolo redatto nel 1914 – ne rammenta quattro di primaria importanza: Ason (A Zhao), Iwah (Yao Weibo), Waishinzan (Wang Zenshan) e il naufrago del Fujian proveniente da Ahnan (Lao Leong).
Il comune denominatore dei primi tre è che tutti erano militari inviati come accompagnatori al seguito di missioni diplomatiche guidate dagli ambasciatori cinesi addetti all’investitura (sapposhi nell’idioma di Okinawa e Cefengshi nella lingua di Pechino).
Tali sottufficiali insegnarono ai pechin di Okinawa alcune forme marziali su preciso ordine dei sapposhi, per intrattenere “buoni rapporti” e quindi in cambio di determinati favori commerciali. Al contrario, l’avventura del monaco nativo di Ahnan si rivelò di più ampio respiro, unica ed irripetibile. Ma cosa e come avvenne veramente e, soprattutto, perché?
Analizzando l’operato dei tre sottufficiali in questione, sappiamo che tutti e tre trascorsero un periodo da quattro a sei mesi sull’isola: Ason fra l’autunno del 1838 e la primavera del 1839, mentre Iwah e Waishinzan fra il termine del 1866 e l’inizio del 1867.
Ad Ason che giunse al seguito dell’ambasciatore cinese Lin Hongnian si deve la fondazione della prima scuola di Naha e l’introduzione del kata Naihanchi (Tekki), di cui i principali allievi furono Gushi, Sakiyama, Nagahama e Tomigusuku, tutti nobili residenti a Naha.
Dei sergenti Iwah e Waishinzan sappiamo che giunsero entrambi con la delegazione guidata dall’ambasciatore Zhao Xin. Probabilmente, Iwah avrebbe reimportato sull’isola il kata Useshi (Gojushiho) trasmesso ai suoi allievi Sokon Matsumura di Shuri, Ranpo Maezato e un membro della famiglia Kojo, entrambi di Naha, ma non è certo.
Waishinzan è ricordato come esperto di Luohan quan del Fujian, perciò di kata come Sanchin, Sesan (Hangetsu), Sanseru ecc. ed ebbe per allievi Shimabuku, Higa, Senaha, Gushi, Nagahama, Aragaki ed i due cugini Kanyu e Kanryo Higaonna, tutti cittadini di Naha.
Una citazione a parte – proveniente da fonti diverse da Funakoshi – occorre riferirla all’eredità dell’alto ufficiale Yuan Fang e al sottufficiale Wang Shiu.
Il generale Fang, giunto ad Okinawa al termine del 1756 e ripartito all’inizio del 1757 grazie alla missione diplomatica guidata dal sapposhi Quan Kui, importò uno stile di combattimento proveniente dai monti Emei (provincia cinese del Sichuan) raccolto nel kata Kosokun o Kushanku (Kanku), di cui il maggiore erede tecnico fu il cinese Wuliang Lidao naturalizzato col nome giapponese di Yara Rido, signore del villaggio Chatan.
Il sergente Wang Shiu, invece, giunse nelle Ryukyu insieme ad Ason col sapposhi Lin Hongnian fra il 1838 e il 1939 dove insegnò la forma ricordata col suo stesso nome a Kishin Teruya di Tomari e Maeda, entrambi pechin di Tomari. Circa quest’ultima eredità tecnica, ovvero il kata Wanshu (Enpi), desidero evidenziare che venne trasmesso ad Okinawa nel 1838 e non nel 1683, a differenza di quanto ipotizzato erroneamente circa 40 anni fa da Ryūshō Sakagami, il noto allievo di Kenwa Mabuni fondatore della scuola Itosu-kai.


Il cinese di Ahnan
Riprendendo l’informazione di Gichin Funakoshi – riportata nella prima parte di questo articolo – secondo la quale l’enigmatico cinese di Ahnan apparentemente naufragato a Tomari insegnò i kata Chinto (Gankaku), Chinte, Jitte e Ji’in a diversi pechin di questo villaggio, dalla tradizione orale sappiamo che in un primo tempo si rifugiò in un’antica grotta (furuherin) posta nel cimitero sulle colline di Tomari e che rubò ortaggi ai contadini per sopravvivere, finchè non fu accolto da questa comunità e restituì l’ospitalità insegnando parte delle sue conoscenze marziali a tre nobili di questo villaggio: K. Oyadomari, K. Matsumora e G. Yamada.
Sulla base delle testimonianze raccolte durante le mie ricerche, ho aggiunto che il suo nome era Lao Leong, che era un giovane monaco taoista e che rimase sull’isola sette interi anni, un periodo nettamente superiore alla somma di tempo trascorsa globalmente da tutti gli altri cinesi che soggiornarono ad Okinawa ed ivi insegnarono parte delle rispettive arti marziali fra il XVIII e il XIX secolo.
Dopo aver introdotto questi elementi, ora è giunto il momento di spiegare perché il suo spirito di aperta amicizia coi più umili nobili di Tomari sfociò nel desiderio di trasmettere loro alcuni segreti del quan-fa, l’arte del combattimento proveniente dalla più antica tradizione taoista cinese, mentre gli inviati militari si accontentarono di insegnare mediamente una singola forma e solo su specifico ordine dei loro superiori.
Dunque, in cosa fu radicalmente diversa l’avventura del monaco di Ahnan rispetto ai militari cinesi?
Anzitutto, occorre comprendere che il livello tecnico del monaco Leong era nettamente superiore a quello di tutti i sottufficiali citati. Infatti, mentre la maggior parte dei militari riceveva un insegnamento formale da basso a medio livello nelle arti marziali non prima di aver raggiunto la maggiore età ed aver quindi prestato giuramento negli eserciti della dinastia Qing, Lao Leong era stato cresciuto in una famiglia che abitualmente sceglieva di iniziare ad addestrare i figli prescelti per le attività marziali verso l’età di tre anni.
Questa particolare educazione era dovuta a vari fattori: l’arte marziale familiare di Leong è il risultato della ricerca di generazioni di persone che avevano lavorato in vari campi. Più in particolare, diversi membri della parte più antica della famiglia aveva prestato servizio nell’esercito ad alti livelli, mentre i più recenti di questa stirpe, sebbene possedessero professionalità molto diverse fra loro, erano soprattutto conosciuti per fornire servizi di guardia del corpo ad aristocratici o mercanti itineranti.
Altrettanto sentita da questa famiglia era la particolare religiosità pratica, avendo scelto da molto tempo di aiutare le famiglie più disagiate ed indifese con le quali viveva in contatto, ma anche di risolvere le ingiustizie con metodi giudicati a volte illegali dai prepotenti Qing come dalle potenze straniere che negli ultimi secoli giunsero a dominare la Cina. A questo proposito basti ricordare alle ribellioni di molti cinesi che avvennero in tutta la nazione sin dall’instaurazione dell’invisa dinastia mongola dei Qing (1644-1911) fino alla sua totale caduta, passando per ulteriori periodi cruenti come le due Guerre dell’oppio (fra il 1839 e il 1860).
Tornando all’avventura di Leong ad Okinawa, il suo arrivo a Tomari avvenne nel 1853 – lo stesso anno d’arrivo delle “navi nere” (in giapponese kuro fune), guidate dal commodoro Matthew C. Perry, il famoso comandante americano che, chiedendo l’apertura dei porti giapponesi al commercio con gli USA, causò la crisi politica che portò alla caduta dello Shogunato Tokugawa e dell’intera classe guerriera – e terminò nel 1860.
Questo lungo e così particolare periodo di pellegrinaggio era stato concordato dal giovane monaco col suo maestro per ponderare attentamente la sua scelta di votarsi completamente alla causa taoista della sua famiglia religiosa, quindi per trovare lo stimolo ad allenarsi individualmente ed insegnare (adeguando) le basi del proprio sistema di arti marziali agli usi e costumi di persone umili incontrate durante il lungo periodo di “perfezionamento” vissuto lontano dalle persone a lui care.   
Circa questi fatti, occorre spiegare che questo cinese chiamato nella capitale delle Ryukyu con vari nomi fra cui Channan, Chinto ed Ahnan giunse sull’isola in incognito mediante una delle tante navi che collegavano la terraferma con Tomari, il secondo dei due porti profondi di Okinawa, senza essere mai stato vittima di un naufragio.
Fu egli stesso a porre in circolo quella che oggi considereremmo una leggenda metropolitana perché il clan Satsuma, che dal 1609 aveva conquistato e continuava a sfruttare iniquamente le ricchezze di questo principato, non lo giudicasse un pericoloso elemento di disturbo ed iniziasse così a sorvegliarlo.
È a causa di questo clan e del connesso secondo bando delle armi da loro emanato che molti segreti del karate rimasero tali su Okinawa fino ad essere in parte dimenticati o cancellati in seguito all’introduzione del tode nella scuola pubblica come nel corso dell’intensa battaglia che si scatenò sull’isola nella primavera del 1945.

L’eredità tecnica di Ahnan
Come affermato precedentemente, nel corso della sua lunga permanenza ad Okinawa, Lao Leong semplificò la propria arte marziale pur di mantenerne vivo l’insegnamento rispetto ai già citati più duri stili esterni provenienti dal Luohan quan della Cina meridionale a cui gli okinawensi erano abituati.
Siccome il suo stile familiare chiamato anticamente Tsong Quo Chuen è veloce e leggero, colpisce direttamente i punti vitali ed è pieno di trucchi e finte di ogni sorta, le testimonianze orali provenienti da altri nuclei di Tomari-te ci confermano che il simbolo stesso di questo stile è lo stesso dipinto che Lao Leong lasciò su una pergamena e donò al suo allievo Kosaku Matsumora nel 1860, ovvero al termine del suo pellegrinaggio sull’isola. Come alcuni probabilmente ricordano, si tratta di una giovane donna con in mano un ramo di salicone (salix caprea), una varietà di legno flessibile quanto quella del salice piangente, ma più resistente.
La donna dell’immagine rappresenta Ng Mui (Wu Mei), una grande esperta di arti marziali cinesi, mentre questa varietà di salice rappresenta molte cose, fra cui l’atteggiamento necessario per avvicinarsi a questo sistema di arti marziali.
Oltre alla tradizione proveniente dalla diretta tradizione di questa scuola di combattimento, vari ricercatori del karate come Fujiwara Ryozo, Mark Bishop e Fernando P. Camara hanno offerto importanti testimonianze circa l’immagine donata a K. Matsumora quale testimonianza della sua formazione marziale contenuta in nuce nel sistema delle Ryukyu denominato Tomari-te.
Ritornando all’operato di Leong, dopo più incontri coi membri della comunità di Tomari, il monaco decise di insegnar loro varie forme, modificandole rispetto allo stile originale a seconda delle caratteristiche dei suoi allievi.
Come già elencato nella prima parte di questo articolo, i suoi allievi di Tomari accertati furono Kochiku Matsumora, Gicho e Ginin Maeda, Bokunin Nakasato, Kame Toguchi, Bokuhitsu Nakasato, Gusukuma/Shiroma, Kanagusuku, Yamasato, Iha, Kokan Oyadomari, Kosaku Matsumora e Gikei Yamada. Fra questi, S. Nagamine ricorda che gli ultimi tre divennero i più famosi. Ma secondo la versione di Leong e dei suoi diretti eredi, le tre persone preferite dal monaco furono Oyadomari, Matsumora e un certo Matse/Matsoe, i quali ricevettero molto più materiale tecnico e in modo meno diluito.
Di loro, la tradizione riporta che Oyadomari era snello e il più abile nelle tecniche di calcio e spazzata, mentre Matsumora possedeva un torace ampio (più simile a quello attribuito da Funakoshi ad Anko Itosu) ed eccelleva nelle tecniche di braccia.
Circa le altre tradizioni di Okinawa, sappiamo che ebbe per allievi anche Sokon Matsumura di Shuri ed ulteriori personalità provenienti da altre famiglie importanti dell’isola come i fratelli Choyu e Choki Motobu.
Scendendo nel dettaglio, la tradizione familiare di Leong riporta che il monaco trasmise direttamente i seguenti kata (qui elencati per ordine alfabetico): Passai (Bassai), Channan, Chinte, Chinto (Gankaku), Unuibu (Eunibu), Hakutsuru, Ji’in, Jitte, Juma 1-2, Jumu, Nichin, Rohai, Wanduan, Wankan e Wanshu (Enpi). I nomi usati in questo elenco si riferiscono ai termini usati ad Okinawa e non in Cina, alcuni dei quali già conosciuti ad Okinawa grazie alla sua famiglia d’origine.
Dopo il suo ritorno a Fuzhou, l’ormai maturo monaco continuò a mantenersi in contatto con alcuni suoi studenti di Okinawa, i quali arricchirono a loro volta il suo insegnamento creando nuove forme e connessi esercizi per il combattimento, che variavano a seconda delle personali qualità ed esperienze precedentemente maturate.
Sempre secondo la tradizione familiare di Leong, i nuovi kata nati dai suoi allievi – diretti ed indiretti – sono: Ahnan o Annan, Channan 1-2-3 (varianti create da K. Oyadomari, perciò diverse dai Pinan di A. Itosu), Chinsei, Jion, Kanchin, Meikyo e Teng Tsie (in questo elenco non compaiono i kata creati dopo il 1908, data in cui il tode venne ulteriormente semplificato ed esteso a varie scuole secondarie ed istituti superiori nella prefettura di Okinawa).  

Lignaggi di Itosu e Higaonna
I due principali personaggi a cui il karate moderno deve la sua prima opera di diffusione furono certamente i maestri Anko Itosu (1831-1915) e Kanryo Higaonna (1853-1915), rispettivamente i fondatori delle correnti Shorin-ryu (postuma) e Shorei-ryu.
In seguito alla comune scomparsa avvenuta a distanza di pochi mesi (Itosu l’11 marzo ed Higaonna il 23 dicembre dello stesso anno), i rispettivi allievi si sentirono letteralmente “orfani” e decisero di collaborare, creando le prime associazioni di tode sull’isola di Okinawa, le quali funsero da culla per gli attuali stili di karate (per chi desidera approfondire l’argomento, vedi il mio libro “Il sistema stilistico Shotokan“, pag. 114-117).
Circa il lignaggio di Anko Itosu, sappiamo che il maestro ottenne insegnamenti da sei persone: Sokon Matsumura, Shinchi Ishimine (ambedue Shuri-te), Nagahama (Naha-te), Gusukuma/ Shiroma, Kosaku Matsumora (entrambi Tomari-te) e Lao Leong.
Da S. Matsumura (1809-1901) apprese i seguenti kata già modificati dallo stesso: Channan 1 e 2 (il primo corrispondente all’unione degli odierni Pinan 1-2 ed Heian 2-1; il secondo all’unione indistinta degli odierni Pinan 3-4 o Heian 3-4), Naifuanchi (corrispondenti agli odierni Naihanchi 1-2), Passai, Kosokun/Kushanku (Kanku) ed Useishi (Gojushiho). Da Nagahama (nato nel 1830) apprese con molte probabilità l’originale Nafuanchi e Sanchin, kata che costituivano il nucleo della prima scuola di Naha istituita da Kito Sakiyama (1821-1904). Dall’unione degli ultimi tre esperti, invece, proviene tutto il resto. Più in particolare, sappiamo che Itosu coltivò una particolare amicizia col coevo Gusukuma, il quale gli permise di venire direttamente in contatto col più abile K. Matsumora (1829-1898) e col monaco Leong, insegnante di entrambi. Circa l’apprendimento di Itosu nel villaggio di Tomari, il maestro ricevette in dono le versioni originali dei seguenti kata: Bassai, Channan, Chinte, Chinto, Ji’in, Jitte, Kosokun/Kushanku, Rohai e Wanshu.
In sintesi, dall’unione dei Passai originale di Tomari e dalle omonime versioni di S. Matsumura e del suo allievo S. Ichimine (1812-1892) creò le due versioni Dai e Sho. Dall’unione del Channan originale e quello modificato da S. Matsumura creò i primi quattro Pinan o Heian, mentre il quinto kata della serie proviene dalla sintesi di Chinto, Ji’in, Passai e Wanduan. Dall’unione di Ji’in e Jitte creò Jion. Dall’unione del Kosokun/Kushanku di Chatan Yara (1725-1816) trasmesso a Tomari e dall’omonima versione di S. Matsumura creò le due versioni Dai e Sho. Dall’unione delle due versioni Naifuanchi di S. Matsumura con quella originale di Sakiyama trasmessogli da Nagahama creò Naihanchi 3. Dal Rohai appreso a Tomari creò le tre omonime versioni trasmesse solo dal suo allievo Kenwa Mabuni. I kata Chinte, Chinto, Ji’in, Jitte e Wanshu, invece, provengono direttamente dal villaggio di Tomari e subirono poche modifiche.
Circa il lignaggio di Kanryo Higaonna, il fondatore della seconda scuola di Naha fu allievo di sette persone accertate: Doru, Seisho Aragaki, Taite Kojo (tutti e tre elencati come esperti di Naha-te, ma non solo), Wang Zenshan, Xie Zhongxian (ambedue cinesi di Fuzhou che visitarono Okinawa), Kokan Oyadomari e Kosaku Matsumora (entrambi di Tomari).
Diversamente da Itosu che non si mosse mai da Okinawa, di Higaonna possediamo più elementi circa l’ordine della sua formazione personale. Dal suo precettore Doru apprese le basi della prima scuola di Naha-te, perciò è molto probabile che avesse anch’egli imparato l’originale kata Naifuanchi. Verso i tredici anni iniziò ad allenarsi con S. Aragaki (1840-1918) dal quale apprese le basi del moderno Naha-te, fra cui Sanchin e quasi certamente le basi dell’odierno kobudo. Quattro anni dopo, S. Aragaki partì per la Cina e lo affidò al suo amico T. Kojo (1837-1917). All’età di venti anni, Higaonna salpò per Fuzhou e vi rimase dal 1873 al 1885. Ma è probabile che sia andato e tornato ad Okinawa in incognito almeno una o due volte. Presso il dojo di Wang Zenshan (defunto nel 1877) apprese i kata Sanchin, Sesan e Sanseru, alcune forme di spada cinese a due lame, spada doppia ed alcuni elementi dello Xing yi chuan. Circa il kata Suparinpei di Chojun Miyagi, sembra che coincidesse con una forma leggermente modificata del kata Pechurrin creata dallo stesso Higaonna, unendo le parti più importanti dei kata precedentemente appresi.
Dopo la sparizione del maestro, Xie Zhongxian (1852-1930), l’allievo senior di Wang Zenshan, abbandonò il dojo per approfondire il proprio stile presso una scuola-tempio della gru bianca situata a Yongchun – sempre nel Fujian – lasciando l’incombenza ad Higaonna di continuare l’insegnamento dei più giovani, per volere di Wang che gli strappò questa promessa sul letto di morte. Tuttavia, nel corso di questo periodo – dal 1877 al 1885 – Higaonna ricevette alcune visite del suo “fratello maggiore” Xie, il quale gli mostrò alcune delle forme apprese. Allo stesso tempo, nel dojo Ryu Ru Ko (nome che alcuni cittadini di Okinawa identificavano con l’istruttore capo di questa scuola) situato nel sobborgo di Ahnan a Fuzhou e da poco ereditato da Lao Leong, Higaonna studiò ulteriori elementi, di cui i più importanti appartengono alla Boxe della mantide religiosa meridionale (Nan tang-lang quan) e del Bue di ferro (Tie nu) della locale comunità Hakka. Quindi, dopo il suo ritorno ad Okinawa, si allenò per un po’ di tempo con K. Oyadomari e K. Matsumora, anch’essi ex-allievi di Leong.
Verso il 1889, Higaonna fondò la seconda scuola di Naha, che chiamò Shorei-ryu, per distinguerla dalla Shorin-ryu di Itosu. Seguendo l’esempio dell’amico Itosu, verso il 1904, semplificò la propria arte marziale per insegnarla all’interno della scuola pubblica.
Dopo la sparizione del maestro, Chojun Miyagi (1888-1953) miscelò alcune tecniche apprese in modo non codificato da Higaonna insieme ad ulteriori elementi che provengono dalla Boxe della gru bianca di Wu Xiangui (in giapponese Go Kenki, 1887-1937), un cinese esperto di gru bianca col quale aveva stretto amicizia.
Dall’insieme dei fattori descritti, fra il 1916 e il 1930 circa, C. Miyagi creò il sistema stilistico Goju-ryu. Le forme tradizionali di questa scuola raccolgono Sanchin, Sesan, Sanseru e Pechurrin (quest’ultimo rinominato Suparinpe) di K. Higaonna e S. Aragaki, Sepai (secondo Mark Bishop) creato da Shinkichi Kuniyoshi (1848-1926), Seyunchin (secondo Choki Motobu) proveniente anch’esso dalla Cina, Tensho, Saifa ed i due Gekisai (secondo Meitoku Yagi) creati da C. Miyagi. Secondo le mie informazioni, anche Shisochin fu creato da Miyagi, mentre Kururunfa potrebbe anch’esso provenire dalla Cina, poiché Chomo Hanashiro conosceva lo stesso kata che chiamava Nunfa.

Significato di Shorin-ryu e Shorei-ryu
Avendo (per quanto possibile) spiegato come entrambi i sistemi stilistici di Anko Itosu e Kanryo Higaonna siano giunti a possedere quel vasto repertorio di tecniche che appartengono a diversi stili cinesi che oggi chiamiamo kata di karate, vorrei riprendere quanto promesso in merito ai termini Shorin-ryu e Shorei-ryu.
Circa queste due “correnti” di arti marziali cinesi, i primi esperti di Okinawa che tentarono di spiegarne le fondamenta furono Gichin Funakoshi e Chojun Miyagi.
Prima di tutto, il significato letterale degli ideogrammi Shorin coincide con quelli usati per la prima volta dall’omonimo monastero buddista settentrionale di Shaolin situato nella provincia cinese dell’Henan, ovvero “Piccola foresta di pini” o “Giovane foresta di pini” da intendere come “Pineta in fase di espansione”. Il nome Shorei-ryu, invece, significa “Spirito illuminato” o “Spirito che illumina” che molti praticanti riferiscono all’altro famoso monastero buddista meridionale di Shaolin situato nella provincia cinese del Fujian. Da queste informazioni, sembrerebbe che le tecniche di combattimento dello Shorin-ryu provengano direttamente dal monastero buddista di Shaolin del nord, mentre quelle riferite allo Shorei-ryu siano connesse al monastero buddista di Shaolin del sud.
Da un punto di vista storico, occorre ricordare che il buddismo iniziò a penetrare in Cina circa 2000 anni fa, che la setta Shaolin nata sulle pendici del monte Song nell’Henan giustificò la sua nascita avvicinandola al nome del brahmino indiano Bodhidharma verso il termine dell’VIII secolo, che iniziò a produrre propri stili di combattimento dopo il XV secolo e che tale spiritualità oggi chiamata buddismo chan o zen raggiunse il numero di undici monasteri nel corso di tutta la storia cinese.
Al contrario, le arti marziali cinesi nacquero in un contesto taoista, l’unica religione nata entro i confini cinesi, le cui origini sono antichissime. Siccome i primi ricercatori che seguivano il Tao erano eremiti che scelsero di vivere sui monti Wudang, Emei, Kun Lun ecc. per osservare la natura nella sua purezza al di fuori dell’influsso umano, la prima diffusione delle loro scoperte nell’ambito delle arti marziali avvenne durante l’epoca denominata “Primavere ed Autunni” (722-476 a.C.) nella zone delle aride “pianure centrali” (Zhong yuan) situate sulle rive del fiume Giallo, per poi spostarsi all’inizio dell’epoca cristiana a “sud del Grande fiume” (Chiang-nan), la regione più fertile del fiume Azzurro, ed infine nelle più selvagge “Montagne del Sud” (Nan-ling) che arrivano fino all’odierno Vietnam tra il termine della dinastia Ming (1368-1644) e l’inizio della dinastia Qing (1644-1911). Proprio ai confini meridionali del celeste impero, l’originaria etnia Han assunse qui il nome Hakka, da cui gli omonimi stili di combattimento generalmente chiamati Hakka kuen.
Riprendendo le argomentazioni precedenti, sulla base di quanto ho spiegato, è possibile comprendere come le arti marziali riferite allo Shaolin settentrionale (da cui il termine Shorin-ryu) erano completamente basate su principi taoisti, mentre quelle riferite allo Shaolin meridionale (donde la parola Shorei-ryu) si basano ancora oggi sulla fusione delle precedenti teorie taoiste con l’evoluzione del buddismo chan che giunse fino alla penisola indocinese.
Proprio in queste province avvenne la seconda grande diffusione delle arti marziali cinesi che giunse in molte periferie asiatiche, fra cui il “Paese dell’origine del sole” (Ribenguo, l’odierno Giappone) e il “Luogo delle pietre preziose” (Ryukyu, l’odierna prefettura di Okinawa).
Circa questi fatti, il motivo per cui le segrete arti marziali si diffusero a macchia d’olio fra la popolazione cinese e le periferie asiatiche fu in seguito a uno stato di profonda decadenza socio-economica in cui versava la popolazione, di una pesante incompetenza dei burocrati Qing, per non parlare del loro comportamento lassista, corrotto, nepotista e persecutorio nei confronti degli eroi quotidiani e dei religiosi che invocavano la giustizia terrena. Accadde infatti che, nel corso del XVIII secolo, moltissimi patrioti ed esperti nelle arti del combattimento si concentrassero in un prima quasi deserto monastero Shaolin nel Fujian, poi commutato in un campo d’addestramento, situato cinque km a nord-est di Putian – odierna Xitianwei – per tentare di sovvertire le sorti cinesi.
Una verità storica di cui si parla poco è che la maggior parte di questi patrioti vantava una fede taoista, poiché quella buddista considerava la sottomissione ai Qing come un fatto appartenente più al mondo fisico e quindi meno importante rispetto alla necessità di perfezionamento spirituale. Per questo motivo, i più libertini ed altrettanto ingegnosi monaci taoisti – avversati da sempre dai potenti signori feudali e in particolar modo dagli usurpatori Qing – vennero ricercati ed annientati molto più dei loro colleghi buddisti.
Per concludere questo argomento, desidero aggiungere che la disquisizione ancora oggi in uso fra “sistema esterno” e “sistema interno” – più connesso il primo ai sistemi taoisti e il secondo agli stili buddisti – è per la maggior parte dei casi arbitraria. Infatti, occorre comprendere che entrambi i sistemi usano il metodo duro, lineare e che talvolta sfrutta poco il movimento inerziale definito “s. esterno” ed altrettanto quello morbido, inteso come cedevole e che recupera l’energia generata o “s. interno”.

Tomari-te: passato, presente e futuro
Tornando al nucleo di questo lungo articolo, nella prima parte pubblicata a dicembre avevo affermato che la tradizione di combattimento definita Tomari-te (Tumai nel dialetto di Okinawa) non si trasformò in scuola, perché venne “svilita, scomparsa e dimenticata”. Ora è giunto il momento di spiegare perché questa tradizione venne subordinata a quelle di Shuri e Naha.
Circa il fatto che la ricca memoria marziale di Tomari venne “svilita” occorre anzitutto comprendere che il sillabo del Tomari-te è in assoluto il più ricco di entrambi i sistemi stilistici originali dello Shuri-te e del Naha-te messi insieme.
Il fatto che i nobili del piccolo villaggio di Tomari fossero più poveri rispetto ai pechin di Shuri e Naha era già di per sé un motivo di maggiore orgoglio di questi ultimi due. Se aggiungiamo il fatto che ogni comunità era tanto gelosa quanto fiera di possedere un proprio sistema di arti marziali e che avrebbe fatto di tutto per dimostrare la propria superiorità rispetto a un’altra classe sociale, possiamo comprendere dal motto “Chi disprezza, compra” che, criticando e minimizzando l’arte marziale degli umili di Tomari, i nobili di Shuri e Naha testimoniarono, in realtà, il loro diretto interesse nel volerla apprendere.
Per dimostrare la realtà di quanto affermo, quando i primi individui delle più importanti classi nobiliari ebbero modo di usare il potere dell’amicizia per “rubare” un poco della tecnica marziale di Tomari, non si preoccuparono assolutamente di spiegarne la provenienza, ponendola fra le cose da mantenere segrete. Infatti, la scusante del vincolo di segretezza fra maestro ed allievo che perdurò per tutto il periodo in cui vigeva il bando delle armi imposto dai samurai di Satsuma (1609-1871) era da anni decaduto.
Per diversi motivi, lo stesso Chotoku Kyan (1870-1945), il cui padre aveva rivestito il massimo incarico delle Ryukyu – quella di membro del Sanshinkan o “Consiglio dei tre” e di custode del sigillo reale – per una persona non appartenente alla famiglia regia, sebbene la sua conoscenza marziale provenisse dallo Shuri-te e in parte dal Naha-te e dall’Udun-ti/Goten-de, quando ebbe modo di studiare il Tomari-te direttamente da K. Oyadomari e K. Matsumora, venne svilito dagli altri ex-nobili di Shuri, per aver arricchito le sue forme di piccoli movimenti da lui chiamati Ti chi ki, lett. “Ciò che la mano sta facendo” nell’intento di rendere più comprensibili le applicazioni (bunkai) dei propri kata.
Circa il fatto che la tradizione di Tomari è pressoché “scomparsa” dalla stessa Okinawa, questo fatto è principalmente dovuto alla carenza di successori di classe superiore.
A corollario di questa tesi, occorre spiegare circa la famiglia di Kokan Oyadomari che i suoi stessi nipoti Kotsu (1874-1929) e Konin (?) perirono relativamente presto senza riuscire a preparare un’adeguata successione, in riferimento al fatto che, secondo le consuetudini che in parte continuano a perdurare nell’isola del karate, l’eredità marziale di una famiglia non poteva e ancora oggi stenta ad essere ufficialmente trasmessa a figlie femmine…
Riguardo a Kosaku Matsumora – amico, cognato di Oyadomari e più prolifico di lui per numero di allievi – lo stesso esperto concentrò la trasmissione del sistema completo ricevuto da Leong solo verso Kodatsu Iha (1873-1928), il quale sparì anch’esso prematuramente.
A causa di questi fatti, lo stesso Seiyu Nakasone (1893-1983) – il migliore allievo di K. Iha – iniziò ad allenarsi con Seiko Higa (1898-1960), il noto allievo di Kanryo Higaonna e Chojun Miyagi, miscelando i principi del Tomari-te con quelli del Naha-te.
In sintesi, come spiegato in vari modi, l’attuale Tomari-te di Okinawa è parzialmente sopravvissuto assorbendo o essendo assorbito dai sistemi creati dai discendenti dei nobili di Shuri e Naha. Questa è la triste verità!
Allo stesso tempo, non è vero che l’arte marziale del villaggio portuale di Tomari è stata “dimenticata”. Al contrario, ha preferito nascondere le proprie tecniche – e quindi i kata che ne raccolgono i principi – per riapparire sulla scena al momento opportuno… a diffusione mondiale avvenuta!
Ora che i giochi della XXXII olimpiade che si svolgerà Tokyo sono prossimi, il Tomari-te può essere finalmente rivelato, distinguendo: (1) le sue antiche radici cinesi nate dalla necessità di difendersi sui cambi di battaglia e poi assorbite ad Okinawa per difendersi dalle ingiustizie dei samurai di Satsuma; (2) i connessi benefici effetti sulla salute generale (grazie ai connessi esercizi energetici presenti nelle forme, aventi nello stesso tempo la duplice funzione di aumentare il grado di efficacia in situazioni di combattimento reale, di aumentare il grado di salute personale e di longevità globale grazie a un aumento delle difese immunitarie); (3) l’opera educativa iniziata da Itosu e da Higaonna nelle scuole pubbliche di Okinawa, la quale sarebbe risultata impossibile senza l’arricchimento dei rispettivi sistemi stilistici da parte dello stile di Ahnan-Leong; (4) la conseguente evoluzione sportivo-agonistica iniziata nel Giappone centrale durante il regno dell’imperatore Showa (1926-1989) e giunta fino ai giorni nostri.
Come gli antichi monaci taoisti dei monti Wudang avevano scelto di donare parte dei loro segreti ai preti buddisti di Shaolin ed attendendo l’evoluzione di questo seme, altrettanto è stata donata l’eredità del taoista Lao Leong ad Okinawa.
Come precedentemente spiegato, mentre Anko Itosu, Kanryo Higaonna ed i loro insegnanti di Tomari (principalmente Kokan Oyadomari e Kosaku Matsumora) andavano ulteriormente semplificando il sistema introdotto da Lao Leong mediante nuovi kata che oggi appartengono ai curriculum di molti stili moderni di karate, una volta tornato a Fuzhou, questo piccolo ma grande monaco taoista continuò ad approfondire il proprio stile fino a divenire l’erede ufficiale dello stile di famiglia col dovere di continuarne la trasmissione.
Perché questi fatti accadessero realmente e con ricercata consapevolezza, mentre Lao Leong si trovava ancora ad Okinawa – lo ripeto: fra il 1853 e il 1860 – il monaco generò una figlia che, una volta adulta, sposò un membro di una importante famiglia del regno, dalle cui nozze nacquero tre figli. Dopo aver appreso il sistema marziale creato appositamente dal nonno Leong per i suoi allievi di Tomari, il terzogenito Lao Peng divenne un silenzioso allievo sia di K. Higaonna che di A. Itosu, apprendendo direttamente da loro e dai rispettivi allievi anche i nuovi sistemi stilistici di Shuri e Naha che, miscelati a quello di Tomari, divennero noti come Shorin-ryu e Shorei-ryu.
Ecco dunque rivelato un grande segreto per lungo tempo mantenuto nascosto: lo Shorin-ryu è il risultato dell’unione di Shuri-te e Tomari-te. Altrettanto, lo Shorei-ryu proviene dalla somma di Naha-te e (basi del) Tomari-te!
Di conseguenza, è possibile affermare che lo “Stile del monaco” sul quale si basano i “pesanti” kata fondamentali del Goju-ryu coincide in realtà con la semplificazione delle tecniche provenienti in particolar modo da tre stili cinesi: Boxe della gru bianca (Bai-he quan). Boxe della mantide religiosa meridionale (Nan tang-lang quan) e Bue di ferro (Tie nu), tutti appartenenti alla locale comunità Hakka di Fuzhou.
Diversamente, lo stile “leggero”, di cui il dojo principale a Fuzhou si trovava nel quartiere chiamato Ahnan, il quale costituisce la base del Tomari-te e conseguentemente dello Shorin-ryu, si basa su dodici stili di combattimento. Fra essi, la parte più antica è a sua volta costituita da cinque tecniche: Boxe della tigre (Hu-quan), Boxe del drago (Long-quan), Boxe della gru (He-quan), Boxe del serpente (She-quan) e Boxe della mantide religiosa settentrionale (Bei tanglang-quan). Non a caso, gli ideogrammi corrispondenti a questi cinque stili di combattimento sono presenti sull’emblema della Ahnan Tomari-te Karate-do Organization.
Tornando a Lao Peng, poco prima di compiere i venticinque anni, l’ancora vigoroso nonno Lao Leong lo accolse nel dojo di Ahnan, perchè apprendesse il sistema stilistico familiare nella sua completezza. Come Leong aveva sperato, così avvenne. Grazie alla sua particolare esperienza e alle sue non comuni qualità tecniche, Lao Peng venne dichiarato erede ufficiale dello stile.
Fra le tante e tristi esperienze vissute nella parte centrale della sua esistenza, Lao Peng conobbe gli orrori della seconda guerra cino-giapponese (1937-1945), durante la quale perse le persone a lui più care. Desideroso di ricostruirsi una vita lontano dalla sua Okinawa e da Fuzhou, allora entrambi un cumulo di macerie, alcuni anni dopo il termine delle ostilità si trasferì nella maggiore Chinatown americana. Qui visse con una donna del clan Oyadomari e scelse di tornare ad insegnare, facendolo con un ristretto ma coeso gruppo di allievi.
La Ahnan Tomari-te Karate-do Organization deve a lui ed ai suoi allievi molte delle specifiche conoscenze su questa illustre tradizione cinese e di Okinawa.
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